"L'Altra Molfetta" di febbraio 2022
Articolo del dott. Francesco Stanzione
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Prima
del 26 settembre 2002, data in cui fu nominato Rettore della Chiesa del
Purgatorio e Padre Spirituale dell'Arciconfraternita della Morte, di don
Francesco conoscevo solo la fama di sacerdote rigoroso e dalla grande statura
morale, ma non avevo mai avuto l'occasione di conoscerlo di persona.
In
verità, essendo mia moglie parrocchiana di San Bernardino quando don Francesco
ne era Parroco, l'occasione di conoscerlo l'avevo avuta nel 1987 perché il
nostro matrimonio avrebbe dovuto celebrarlo lui; ci sposammo invece, per mio
espresso desiderio, nella Chiesa di Santo Stefano.
Il
14 dicembre 2003 venni eletto Priore dell'Arciconfraternita della Morte, mai
pensando che don Francesco sarebbe da allora in poi diventato uno dei maggiori
punti di riferimento della mia vita.
A
distanza ormai di quasi tre settimane
dalla sua scomparsa avvenuta il 15 gennaio 2022, lontano dai commenti a caldo
di tanti che si sono precipitati sui social ad auto referenziarsi come suoi
grandi amici e conoscenti, vorrei provare a rendere testimonianza del mio
rapporto con lui raccontando alcuni episodi non conosciuti, ma sintomatici
della sua grandissima levatura umana e morale.
La
prima domenica di Quaresima del 2004 nella Chiesa del Purgatorio sarebbe
iniziato il Pio Esercizio a Maria SS. della Pietà, per cui avevo deciso di
esporre la statua dell'Addolorata e non della Pietà per due motivi: il primo
per una questione di comodità, perché esponendo l'Addolorata non sarebbero
occorse altre operazioni di allestimento statue fino al giorno della
processione del Venerdì di Passione; il secondo perché ero e sono fortemente
devoto alla Madonna Addolorata.
Sì,
lo so, è vero ... la Madonna è sempre la stessa, ma io per quella statua
dell'Addolorata stravedo.
Don
Francesco mi fece notare, giustamente devo dire, che il Pio Esercizio è composto
da preghiere rivolte a Gesù Cristo, per cui sarebbe stato opportuno esporre la
Pietà e non l'Addolorata, ma io insistetti fino a spuntarla.
Qualche
giorno dopo incontrai don Sergio Vitulano, già Padre Spirituale
dell'Arciconfraternita, al quale don Francesco aveva chiesto lumi su quale
Madonna si fosse esposta negli anni precedenti.
Don
Sergio, del quale sono amico dagli inizi del suo sacerdozio, mi rimproverò
ricordandomi che la scelta al riguardo era di competenza del sacerdote e non
del Priore, dicendomi però nel contempo
che don Francesco, vista la mia grande devozione all'Addolorata, aveva deciso
di accontentarmi.
Mi
colpì talmente che un uomo molto più grande di me, un sacerdote tutto d'un
pezzo quale era don Francesco avesse avuto tanto riguardo nei miei confronti,
che andai da lui e gli comunicai la mia decisione di esporre la Pietà e non
l'Addolorata.
Da
allora in poi si instaurarono tra me e lui una grande amicizia e reciproca
stima e non sono mai mancate le occasioni in cui ha dimostrato di volermi bene;
posso tranquillamente affermare, senza tema di smentite, che durante i sei anni
e due mesi della mia amministrazione dell'Arciconfraternita della Morte, ha
sempre affiancato me e i miei due Componenti, con grandissimo senso paterno,
con discrezione ed affetto. Vigilava sempre su di noi affinché facessimo tutto di
comune accordo.
Dicono
in molti (tranne chi avrebbe voluto essere Priore al mio posto) che la mia è stata
una buona Amministrazione; ciò mi lusinga, ma non lo sarebbe stata senza di lui.
Don
Francesco aveva poi la carinissima usanza di fare regalini in occasione di
Natale o Pasqua non solo a noi tre amministratori, ma anche ai nostri figli che
allora erano ancora bambini; preziosissima è per me una piccola Natività in
vetro donatami sapendo che io sono un cultore del Presepe.
Aveva
un buon consiglio da dare in ogni occasione e quello che diceva trovava sempre
riscontro.
La
prova? Cito un altro episodio accaduto
nel periodo in cui l'Arciconfraternita della Morte è stata ospitata nella Cattedrale,
a causa della chiusura per restauro della Chiesa del Purgatorio.
Il
30 marzo 2007, Venerdì di Passione, si sarebbe dovuta svolgere la processione
dell'Addolorata, con inizio alle ore 15.30, ma fu rimandata al giorno
successivo a causa di una incessante pioggia che persistette fino a sera e a
nottata inoltrata. La
mattina di sabato 31 marzo c'era un bel tempo ma dopo mezzogiorno ricominciò a
piovere. Erano ormai le 16.00 del pomeriggio e la Madonna sarebbe dovuta già
uscire, ma pioveva ancora e non accennava a smettere. Ero disperato all'idea di
rimandare nuovamente la processione e verso le 16.30 andai da don Francesco
chiedendogli cosa potessi fare, avendo come risposta (me lo ricordo come se
fosse ora): "wégnò, vait ci iss, ca
ha frennèut d chiov".
Tale
era la fiducia che avevo in don Francesco che, ancora piovigginando, disposi di
aprire il portone della Cattedrale per iniziare la processione e bene feci,
perché nel momento in cui la Madonna varcò la soglia della chiesa le nuvole
scomparvero di colpo ed un sole abbagliante asciugò in breve il manto stradale
bagnato di pioggia: ancora una volta aveva avuto ragione lui.
Aveva
un grandissimo senso del rispetto delle regole e della giustizia, al punto da
mettersi contro chiunque avesse tentato di non farle rispettare.
Una
volta (Amministrazione e Padre Spirituale congiuntamente) abbiamo respinto la
domanda di ingresso nell'Arciconfraternita di un aspirante confratello che non
aveva partecipato a tutti gli incontri formativi propedeutici alla sua
vestizione. Il papà del ragazzo chiese intercessione a soprassedere ad un
prelato che all'epoca contava nella diocesi, il quale chiamò a rapporto me e
don Francesco, chiedendo di chiudere un occhio; fermissima fu la reazione di
don Francesco il quale, quando il suo interlocutore gli disse: "... ma vedi, don Francesco, che te lo
sta chiedendo il (omissis)", lui rispose: "Se si tratta di infrangere le regole direi di no pure al
Papa".
Questi
episodi citati a modo di aneddoti la dicono lunga su quello che era questa
grande figura di uomo e sacerdote.
Era
inoltre attentissimo alla cura e alla manutenzione della chiesa, che ha
arricchito ed abbellito con nuove suppellettili e restaurando quanto già c'era;
aveva un gusto estetico e del bello eccezionali.
Nelle
occasioni importanti ornava gli altari con tutti i preziosissimi arredi sacri
appartenuti un tempo a don Gaetano Lioy Lupis, già proprietario e rettore del
Purgatorio e mai, con il contributo economico personale dei tre amministratori
della Confraternita, ha fatto mancare i fiori sull'altare maggiore.
Quando
celebrava la S. Messa era un piacere vedere la disinvoltura e la "professionalità" con cui si
muoveva sull'altare, dal modo di disporre gli oggetti sacri sulla mensa a come
li utilizzava, ed era una poesia osservarlo nel momento della Consacrazione;
c'era intorno a lui un'aura che mi spingo a definire di santità.
Era
ugualmente piacevolissimo parlare con lui di qualsiasi argomento, dimostrando
di avere una grande conoscenza in tutti i campi e, nonostante l'età avanzata,
aveva una mentalità molto più aperta e moderna della mia, dicendomi anzi, a
volte: "come sei antico!". Era
inoltre sempre attento e comprensivo delle ragioni degli altri.
Andavamo
immancabilmente insieme in casa dei confratelli deceduti per una benedizione alla
salma e per dare il segno della vicinanza della confraternita ai familiari.
Lo
accompagnavo spesso in macchina a distribuire la Comunione agli ammalati, cosa
a cui lui ci teneva tantissimo ed io ero onorato e felice di ospitare nella mia
auto Gesù Cristo in persona, sotto la forma della Eucarestia.
Fin
da ragazzo, quando entravo nella Chiesa del Purgatorio, andavo direttamente
nella cosiddetta "stanza delle
statue" quasi dimentico che c'era anche Gesù Cristo nel tabernacolo.
Ho imparato da don Francesco che quando si entra in una chiesa si omaggia
sempre prima l'Eucarestia e poi viene tutto il resto; lui è vissuto nel culto
di Gesù Sacramentato e quando gli esprimevo qualche mia perplessità o timore su
qualcosa mi rispondeva con il suo: "non
ti preoccupare, pensa a Gesù Cristo".
In
sei anni non ho mai fatto nulla senza il suo consulto e la sua approvazione e
mi sono sempre trovato bene, cosa che mi ha facilitato di molto nello
svolgimento del mio incarico di Priore.
La
mia amicizia con don Francesco è continuata anche dopo il termine del mio
mandato nel febbraio 2010, tanto è vero che spesso gli telefonavo per qualche
consiglio (aveva una risposta a tutto) ed immancabilmente a Natale e Pasqua per
lo scambio di auguri; a proposito di auguri, mi mancherà già dal prossimo 2
aprile la sua annuale, immancabile e puntuale telefonata alle ore 8.00, in
occasione del mio onomastico nel giorno della festa di San Francesco da Paola.
Ho
desiderato, in occasione del rinnovo della mia farmacia, che fosse don
Francesco ad impartire la benedizione in occasione della inaugurazione il 7
ottobre 2018; suscitò anche in quella circostanza l'ammirazione di amici e
clienti di Bari per la sua lucidità e le belle parole espresse durante il suo
discorso augurale.
Quando
cinque anni or sono cadde e subì la frattura del femore, fu ricoverato presso
l'Ospedale San Paolo di Bari che si trova a pochissima distanza dalla mia
farmacia.
Durante
la sua degenza fu di conforto ad un mio cliente facilmente portato al
pessimismo e alla depressione, che si trovava nel letto accanto al suo; ancora
oggi il figlio di questa persona che ora non c'è più, quando viene in farmacia,
mi chiede sempre di don Francesco che ricorda per la sua disponibile umanità.
Insomma,
potrei continuare per tantissimo a citare episodi che hanno visto don Francesco
sempre un passo indietro alla cura di se stesso e sempre un passo avanti
nell'andare incontro al suo prossimo nel quale vedeva Gesù Cristo.
Posso
sicuramente affermare che don Francesco sia stato la persona migliore conosciuta
nei miei sessantasei anni di vita perché, al di là delle sue indubbie e da
chiunque riconosciute qualità di grande sacerdote, è stato soprattutto severo e
comprensivo nello stesso tempo, intelligentissimo ma mai superbo, imparziale ma
sempre pronto a porgere un aiuto a chi glielo chiedeva, assommando in sè tutto
quanto di positivo potrebbe avere una uomo degno di essere chiamato tale.
Il
Padre Eterno lo ha gratificato di una grande forza e lucidità fino a poche ore
prima di chiamarlo a sé, risparmiandogli il dolore e la sofferenza della
malattia, concedendogli una serenità che
gli è rimasta impressa sul volto perfino dopo quasi due giorni dal
decesso, allorquando ho avuto modo di vederlo per l'ultima volta prima delle
esequie.
Avendo
conosciuto don Francesco molto da vicino,
voglio dire a quanti lo hanno stimato, gli hanno voluto bene e sono addolorati
per la sua scomparsa, quello che l'Angelo disse a Maria Maddalena e alle pie
donne quando andarono al sepolcro di Gesù e lo trovarono vuoto: "Perché cercate tra i morti colui che è
vivo? Non è qui, è risuscitato" (Luca 24, 5-6).
Dobbiamo
infatti essere tutti felici per don Francesco, perché ha raggiunto il traguardo
che ha tanto desiderato nei suoi quasi 97 anni di servizio al Signore, a quel
Gesù Cristo che ha incondizionatamente amato e al quale ha portato e riportato
tanti che gli si erano allontanati, con le sue parole ed il suo esempio di vita:
la gloria eterna in Paradiso.
Adesso
non avremo più bisogno di telefonargli o di andare a casa sua per un conforto o
un consiglio, perché da lì sarà in eterno ascolto di tutti noi e conoscerà
tutti i nostri pensieri.
E
Tu intanto, Vergine Santissima Addolorata, accogli da ora in poi la richiesta
di intercessione a Tuo Figlio, quando don Francesco te la richiederà per nostro
conto nei momenti del bisogno.
dott. Franco Stanzione