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LA MIA SETTIMANA SANTA: GLI SCRITTI CHE CUSTODISCONO LA TRADIZIONE




Parlare dopo tanti autorevoli interventi mi mette non poco in soggezione, ma cercherò quanto meno di non deludere le aspettative di chi mi ha invitato a portare la mia testimonianza a questo convegno.
Chiedo inoltre scusa se leggerò, invece di andare a braccio, ma essendovi esigenze di tempi in cui rientrare, sono costretto ad essere sintetico al massimo e quindi voglio evitare di dimenticare o di omettere qualcosa.
Il mio intervento è in una duplice veste:
- di rappresentante di quel mondo confraternale che in Puglia vanta un grandissimo numero di iscritti.
- di appassionato cultore dei riti della Settimana Santa non solo di Molfetta, mia  città natale e di residenza, in provincia di Bari, ma della totalità delle località in cui essa viene annualmente celebrata, dalle più famose come Taranto (capofila in Puglia in questo campo) alle più sconosciute (penso a Cerfignano nel Salento, a Latiano nel brindisino  o ad Orta Nova  e Roseto Valfortore nel foggiano ... tanto per citare alcune località poco note e che ho trattato in una apposita sezione del sito internet da me gestito "La mia Settimana  Santa", nel quale non disdegno di trattare anche le tradizioni pasquali delle altre regioni d'Italia e della stessa Spagna, in particolare Siviglia, Malaga e Murcia, quella Murcia nella quale alle ore 8.00 solari, sottolineo solari, indipendentemente dall'ora legale, vi è la "salida" della "Procesión de los Salzillos" costituita da nove stupendi "pasos" dei quali otto sono stati realizzati da Francisco Salzillo, di origini italiane, o più precisamente campane, il cui capolavoro è la "Dolorosa" del 1755 che, a mio giudizio, tra tutte le immagini al mondo della Mater Dolorosa, è la più bella.
Nonostante questa duplice veste, esprimerò comunque un unico pensiero.
La Settimana Santa in Puglia rappresenta, a mio modestissimo parere, la massima espressione di quella che viene definita "Pietà popolare", ove per tale si intenda quel modo di  manifestare la fede che parte dagli strati più bassi della popolazione e che spesso non trova spazio e riconoscimento da parte dell'ortodossia cattolica. La religiosità popolare ha riti, simboli e linguaggi propri, che esprimono purezza e spontaneità, ma che sono lontani dalla casualità o dall'improvvisazione. Sono riti profondamente radicati nella cultura popolare e anche per questo consentono un approccio meno formale e meno intellettuale alla religione. Incarnano la spiritualità profonda della gente più umile e avendo radici popolari, sono spesso legati alla natura, alla terra e al trascorrere delle stagioni.
Lo stesso Papa Benedetto XVI, prima di ascendere al Soglio Pontificio, nel suo commento teologico al terzo segreto di Fatima, il 26 giugno del 2000, si è pronunciato sulla religiosità popolare, affermando che essa è «la prima e fondamentale forma di "inculturazione" della fede, che si deve continuamente lasciare orientare e guidare dalle indicazioni della Liturgia, ma che a sua volta feconda la fede a partire dal cuore».
Qualche anno dopo, nel 2004, anche il cardinale cileno Jorge Arturo Medina Estévez dice che: "la pietà popolare è un tesoro della Chiesa: per capirlo, basti immaginare la povertà che ne risulterebbe per la storia della spiritualità cristiana d’Occidente l’assenza del Rosario o della Via Crucis. Sono due esempi soltanto, ma sufficientemente evidenti della posta in gioco".
Potrei citare tante altre autorevoli fonti di alte gerarchie ecclesiastiche a sostegno della importanza e validità della Pietà popolare, che non deve mai però, aggiungo ovviamente, fuoriuscire dal solco di quella che sono le indicazioni e le raccomandazioni della Chiesa ufficiale, ma mi fermo qui.
A fronte però di tali autorevoli dichiarazioni, che sono anche indicazioni per la guida pastorale del popolo di Dio, non i Vescovi, ma la indolenza o la, mi si permetta, ignoranza di alcuni sacerdoti, in alcune località della nostra regione (che evito di nominare) hanno letteralmente mortificato, se non distrutto, i riti della Settimana Santa legati alla Pietà popolare.
Dovrebbero chiedersi costoro, che snobbano le tradizioni popolari della Settimana Santa, come mai il momento in cui le chiese sono più piene di fedeli coincidano proprio con il periodo quaresimale che culmina nella Settimana Santa; dovrebbero riflettere davvero su questo.
Fortunatamente nella stragrande maggioranza delle località pugliesi, nessuno si è fino ad ora sognato di mettere in discussione manifestazioni di fede popolare come i "crociferi" a Noicattaro, la "processione delle catene" a Troia, le "fracchie" a San Marco in Lamis o le lente e lunghe processioni di Taranto, Molfetta, Bitonto o dello stesso capoluogo Bari.
Certo, qualcuno ha fino ad ora tentato di modificarle, ma grazie a Dio non vi è riuscito, proprio perchè sono tutte manifestazioni di fede che nulla hanno a che fare con esibizionismo o fanatismo, in contrasto con le direttive della Chiesa.
A questo proposito voglio anche rimarcare che il resistere alle ingiurie dei nostri tempi da parte di queste tradizioni, è dovuto proprio alla pedissequa ripetizione, anno dopo anno di gesti, musiche ed itinerari.
Rimuovere anche uno solo di questi tasselli, significherebbe iniziare un'opera che un po' alla volta, nel tempo, potrebbe essere demolitrice, e ritengo infatti che l'immagine della nostra regione non sarebbe più tale senza che il suo popolo viva la Settimana Santa nei modi e nei tempi che gli sono stato tramandati.
"La tradizione non consiste nel conservare le ceneri, ma nel mantenere viva una fiamma", diceva infatti Jean Jaurès, politico e storico francese, a cavallo tra il XIX ed il XX secolo.
Sempre a proposito di Settimana Santa in Puglia, vorrei con una mia teoria che ritengo non tanto astrusa, fare riferimento a quanto, a mio parere erroneamente, si dice circa la derivazione spagnola dei nostri riti.
Vero è che il nostro Meridione ha subìto la dominazione spagnola a partire dal 1503 (con Ferdinando di Aragona) fino al 1861 (con Francesco II di Borbone), e altrettanto vero è che nella cultura come nel dialetto o nelle abitudini quotidiane, la Spagna ha avuto grande influenza sulle nostre popolazioni.
I riti della Settimana Santa, con la Spagna hanno però poco a che fare; sono due realtà completamente distinte per tutta una serie di motivi. Non solo, ma da una regione del sud all'altra, diverse sono anche le matrici culturali, le prassi e l'estetica dei diversi riti e processioni.
Sorge spontanea una serie di domande: se le processioni del Sud d'Italia fossero di derivazione spagnola, come mai in Campania, in pieno Regno delle Due Sicilie, queste sono così diverse? E come mai proprio a Napoli che era la capitale del Regno, con la presenza della corte Borbonica, non vi è traccia di processioni durante la Settimana Santa? E ancora come mai, nel resto della regione Campania, processioni significative del Triduo Pasquale si svolgono in così poche località?
In che modo allora, baypassando la Campania, le processioni dei Misteri si sarebbero diffuse dalla Spagna alle altre regioni del Sud? Mi pare quindi che non la matrice spagnola, ma una matrice prettamente locale, sia all’origine dei vari rituali dell'Italia Meridionale.
È per me importante fare questa precisazione, nel tentativo di contribuire a sfatare quello che è un falso mito purtroppo diventato cavallo di battaglia di molti che si avvicinano all'argomento Settimana Santa solo superficialmente e senza approfondire lo studio delle consuetudini delle singole realtà che smentiscono decisamente la loro derivazione iberica.
Ma ritorniamo alla Settimana Santa in Puglia.
Sicuramente l'apice delle celebrazioni religiose, per quanto riguarda soprattutto le manifestazioni esterne, si ha nel corso della giornata del Venerdì Santo, in genere con la processione dei Misteri, ma anche il Venerdì antecedente la Domenica delle Palme, quello che un tempo era denominato di Passione o dei Dolori, vede quasi in ogni località una processione dell'Addolorata o della Desolata.
Colonna sonora delle processioni pugliesi sono le Marce Funebri, che contano un gran numero di appassionati, e che scandiscono il passo dei portatori delle sacre Immagini. Non si può immaginare la Settimana Pugliese senza di esse e, non a caso, le città che posseggono un repertorio di Marce Funebri esclusivamente locale, sono anche quelle in cui, perdonatemi il poco opportuno termine al plurale, vengono celebrate le "Settimane Sante" più rinomate della regione: parlo ovviamente di Taranto, di Molfetta, di Ruvo di Puglia e di Bitonto.
In Puglia la Settimana Santa si connota marcatamente per l'attivissima presenza delle Confraternite laicali, sia dal punto di vista partecipativo ai riti che della loro organizzazione. 
Il movimento confraternale pugliese è davvero imponente; i dati della Confederazione delle Confraternite delle Diocesi d’Italia, con riferimento al'anno 2012, riportano la presenza di duecentocinquantamila confratelli per un totale di novecentoundici sodalizi.
Quasi sempre le Confraternite più numerose sono proprio quelle legate alla Settimana Santa e si può dire che in alcune città non c'è famiglia nella quale non vi sia un confratello; da ciò si può ben comprendere come siano radicate nei pugliesi le tradizioni di questo particolare periodo dell’anno.
Le Confraternite che organizzano i riti della Settimana Santa sono, tra l'altro, anche le più antiche.
Alcune sono state fondate addirittura nella metà del XIII secolo, molto prima quindi della Controriforma seguita al Concilio di Trento, svoltosi tra il 1545 e il 1563, che ebbe una azione moralizzatrice sui riti della Settimana Santa mettendo al bando le "sacre rappresentazioni", manifestazioni di devozione popolare consistenti nella recitazione, in forma di quadri teatrali in movimento, dei testi evangelici, primo fra tutti quelli della Passione di Gesù. Queste "performances" recitative, che solitamente si svolgevano sui sagrati delle chiese, erano anche chiamate "Misteri".
Le "sacre rappresentazioni" furono quindi sostituite dalle processioni organizzate dalle Confraternite in cui i "Misteri" erano però non più persone nel ruolo di attori, ma statue raffiguranti Gesù Cristo, la Madonna Addolorata e i vari personaggi della Passione.
Ciò accadde soprattutto nell'Italia meridionale ed il protagonismo delle Confraternite pugliesi durante la Settimana Santa ne costituisce la odierna continuità.
In Puglia infatti sono soprattutto (io direi esclusivamente) le Confraternite ad organizzare le processioni, diversamente che, ad esempio, in Sicilia dove, ad esclusione della Sicilia Orientale (Enna, Augusta, Agrigento, tanto per citare alcune grosse realtà confraternali) tutto è quasi sempre demandato alle Maestranze, ai Ceti ed alle categorie lavorative in genere (vedi Trapani e Caltanissetta).
Molti sodalizi confraternali hanno specificità e caratteristiche derivanti dal nome o dal titolo. È evidente come le Confraternite sotto il titolo della Morte, per esempio, siano organizzatrici di processioni nei giorni precedenti la Pasqua (Cerignola, Molfetta, Oria, San Nicandro Garganico, San Severo), così come lo sono quelle del Suffragio (Bitonto,  Ruvo di Puglia) o come le processioni dei Misteri nella provincia di Taranto vedano protagoniste le Confraternite della Madonna del Carmine.
Molto diffuse sono poi le Confraternite dedicate alla Madonna Addolorata (Andria, Bisceglie, Carbonara di Bari, Cerignola, Taranto, Trani, Valenzano).
Ci sono alcuni oggetti che contraddistinguono anche geograficamente le Confraternite: uno per tutti la “troccola”, tipica dei sodalizi della provincia di Taranto e poco usata, ad esempio, nella provincia di Bari.
Chi pensa comunque che le Confraternite esistano solo per perpetuare tradizioni popolari, pur belle dal punto di vista estetico ma prive di valenza cristiana intesa in senso più ampio, è in errore; esse non sono costituite da laici impegnanti solo nelle attività liturgiche o a difesa delle tradizioni cultuali locali.
Alcune Confraternite prevedono nel loro Regolamento opere di carità quali l'assistenza ai bisognosi. Altre invece, oltre alle opere assistenziali, svolgono anche attività filantropiche e di promozione umana. Le Confraternite pugliesi, grazie al grande lavoro compiuto negli ultimi anni nelle diverse diocesi, sono quindi molto attive anche nelle parrocchie e, compatibilmente con le loro possibilità economiche, nelle opere di sostegno ai più deboli, nonché nella catechesi rivolta ai loro iscritti.
A motivo di ciò si può dire quindi che la Settimana Santa in Puglia non è assolutamente spettacolarizzazione dell'evento pasquale, ma spontanea e non costruita manifestazione di "pietas" popolare,  quindi autentica testimonianza di fede, garanzia di continuità nel tempo e strumento di diffusione del messaggio evangelico.
Per quanto mi riguarda, quando dal 2004 agli inizi del 2010, sono stato per due volte Priore dell'Arciconfraternita della Morte di Molfetta, sodalizio che ritengo essere il terzo in Puglia come numero di iscritti, dopo quelli della Addolorata e del Carmine di Taranto, annoverando un migliaio di confratelli, ho sempre tenuto presente che le nostre bellissime tradizioni della Settimana Santa rappresentano eventi religiosi che solo ed esclusivamente come tali vanno trattati. A questo scopo, se da una parte ho molto curato il rispetto nei minimi particolari non solo del rito, ma anche del rituale (che è diverso dal rito, ovviamente), dall'altra ho curato la formazione dei confratelli durante il periodo quaresimale, affinchè arrivassero preparati ai due grandi eventi che per noi sono la processione dell'Addolorata nel Venerdì di Passione e la processione cosiddetta della Pietà nella giornata del Sabato Santo, processione tra l'altro che, ritirandosi alle ore 21.00, è praticamente l'ultima del ciclo della Settimana Santa in Puglia.
Allo scopo di trasmettere agli altri il mio modo di vedere e vivere la Settimana Santa, ho pubblicato, dal 2013 ad oggi, quattro corposi volumi dei quali tre sulla Settimana Santa di Molfetta ed uno su quella di Bari, affinchè la loro lettura o consultazione possa essere di stimolo a vivere la Quaresima e le bellissime processioni della Settimana Santa nel raccoglimento, nella preghiera e nel silenzio, e possano esse stesse essere credibili e divenire veicolo di speranza anche per chi non crede.
Voglio concludere dicendo che manifestazioni di fede quali processioni e riti, che sono alla fine delle testimonianze, devono proprio per questo essere il più possibile limpide sul piano della "significatività", affinché rimandino al Mistero di Cristo morto e risorto (sto citando le parole del nostro Vescovo Mons. Luigi Martella, purtroppo deceduto appena quattro fa, in un convegno dal tema "Confraternite tra storia e futuro", svoltosi a Giovinazzo dal 22 al 25 marzo 2004).
Diversamente (ora sto citando invece Mons. Tonino Bello, indimenticabile Vescovo Santo di Molfetta), rischieremo di organizzare incredibili controtestimonianze, di strumentalizzare le cose sacre con la passerella delle nostre vanità o, bene che vada, di torchiare dai nostri poveri cuori commozioni sterili che durano solo … lo spazio di un meriggio.


                                                           Francesco Stanzione




Lecce, 11 maggio 2019