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HERMANDAD E CONFRATERNITE IERI E OGGI: QUALI PROSPETTIVE?

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2° Convegno Internazionale sulla Cultura Popolare Religiosa
Chiesa di S. Domenico Maggiore
Taranto, 20 e 21 settembre 2008
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Intervento del 20 settembre 2008

Innanzi tutto rivolgo ai presenti il mio saluto, a titolo personale e come Priore dell’ Arciconfraternita della Morte di Molfetta, ringraziandoli anticipatamente per il tempo che dedicheranno all’ ascolto di quanto sto per dire.
E certamente ringrazio in particolare l’ amico Gigi Montenegro per l’ onore che mi ha reso invitandomi a dare un mio contributo a questo Convegno su un argomento che mi sta molto a cuore e che spero di esporre, pur brevemente, in maniera esaustiva. Certo è che, dopo gli autorevoli interventi di chi mi ha preceduto, il mio compito diventa più difficile … ma ci provo comunque.
Brevissimamente voglio delineare un profilo di quello che è il Sodalizio che ho l’ onore di presiedere come Priore: l’ Arciconfraternita della Morte, con sede presso la Chiesa del Purgatorio di Molfetta.
Essa, come tante altre con la stessa denominazione, è sorta il 26 aprile del 1613 allo scopo di provvedere a quanti, morti in stato di estrema povertà ed abbandono, erano privi anche di chi potesse pensare di dar loro una degna sepoltura cristiana.
Questa pratica di pietà cristiana veniva svolta personalmente dai confratelli ed i corpi venivano sistemati nella primitiva sede della confraternita, la chiesetta della Morte, tuttora esistente, pur se trasformata in “contenitore culturale”.
Trasferitasi nella attuale sede che è la Chiesa del Purgatorio, allo scopo iniziale, venuto meno anche per motivi legati alle leggi napoleoniche che vietavano la sepoltura dei cadaveri nell’ ambito urbano, subentrò il culto ai Dolori di Maria Santissima, che attualmente costituisce la principale attività dell’ Arciconfraternita e che, oltre alle pratiche devozionali interne, si esprime attraverso le processioni pasquali di Maria S.S. Addolorata, nel venerdì antecedente la domenica delle Palme, quello che in Spagna si chiama “Viernes de Dolores” e della Pietà nella giornata del Sabato Santo.
Ho detto quindi della mia confraternita quello che era ieri e quello che è oggi ma … per rimanere nel tema di questo Convegno, con quali prospettive?
E’ evidente che, se la storia e la prassi di ogni confraternita sono diverse da una all’ altra, vi è un binomio che costituisce il minimo comun denominatore senza il quale esse stesse non sarebbero confraternite, cioè quelle che per definizione sono associazioni pubbliche di fedeli: la Fede e la Carità.
Siamo nel terzo millennio e possiamo sicuramente affermare che ancora Fede e Carità sono le linee guida di questi nostri antichi sodalizi, anche se col passare del tempo l’ aspetto caritativo e di solidarietà è stato un po’ superato dall’ aspetto devozionale che a volte può anche trascendere in consuetudini fuori dalla ortodossia.
A conferma di quanto vi sto dicendo, voglio citarvi alla lettera il testo di una intervista fatta al Cardinale Tarcisio Bertone, Arcivescovo di Genova, in occasione del Cammino di Fraternità delle Confraternite delle Diocesi d’ Italia, svoltosi nel 2004 proprio a Genova.

Domanda: “Eminenza, le Confraternite camminano nella Chiesa e per conto della Chiesa; sono state mandate nella Società per operare secondo i principi di Fede e Carità.
In questo senso dove vanno le Confraternite nel terzo millennio? Quale futuro?”
Risposta: “E’ il futuro dei loro antichi Statuti, perché le finalità sono, dico la parola, inossidabili; le finalità delle Confraternite rappresentano un progetto di vita di estrema attualità.
Cioè: testimoniare visibilmente e pubblicamente, senza paura, la fede cristiana, ma nello stesso tempo testimoniare la fraternità e la carità nella Società, verso le persone più bisognose.
Credo che questo sia un impegno, un’ esperienza, che può ravvivare la speranza nella nostra società così confusa, oggi a volte così delusa per tanti segni negativi.”

Le parole espresse dal Cardinale Tarcisio Bertone ci portano a porci questo quesito: essere confratelli nel terzo millennio è diverso che esserlo stato nel passato? … ed aggiungo: in futuro sarà diverso?
Certo che no, dal punto di vista sostanziale, e ciò proprio in virtù di quella inossidabilità dei principi sanciti nei nostri Statuti, che si rifanno alla Fede ed alla Carità.
Semmai diverso sarà il modo di manifestare la propria fede e diversi saranno i soggetti verso cui si rivolgerà l’ azione di carità.
Non è più pensabile infatti che ci si dedichi alla sepoltura dei morti poveri o a dotare le fanciulle povere in età da marito, oppure ad assistere i condannati a morte, come facevano alcune confraternite del passato.
Però essere confratelli oggi, può equivalere semplicemente ad osservare quei pochi ma ferrei dettati che sono sanciti all’ inizio degli Statuti di tutte le Confraternite, quali ad esempio: condurre vita esemplarmente cristiana, dare testimonianza della propria fede ecc.
Andiamo dalla teoria alla pratica; nessuno ci obbliga ad essere confratelli, quindi se non si vuole condurre vita esemplarmente cristiana si può benissimo fare a meno di iscriversi ad una confraternita, ma se si fa questo passo, quello che si è fatto diventa un impegno, soprattutto perché bisogna dare testimonianza agli altri della propria fede.
Oggi soprattutto, che paradossalmente i cattolici subiscono quotidianamente una vera e propria persecuzione da parte dei mass media e di quanti vogliono livellare ed annullare tutti i valori umani per propri interessi politici ed economici, proprio oggi il confratello ha il dovere di dare testimonianza con la propria coerenza di vita.
Fede e Carità, certamente, ma testimoniate con coerenza di vita: questo è un caposaldo dell’ agire da confratelli.
Il Confratello, in quanto battezzato e soprattutto cresimato, ha il dovere di opporre al non credente o a chi la fede l’ha persa, la propria fede e deve combattere attivamente affinché alla fede Cristiana non venga fatta offesa da nessuno. Deve essere quindi un vero e proprio soldato di Cristo e paladino della fede.
Non a caso lo Statuto dell’ Arciconfraternita della Morte stabilisce che, all’ atto della presentazione della domanda, l’ aspirante confratello deve, tra i requisiti richiesti, aver già ricevuto il Sacramento della Confermazione.
Oggi il cristiano ed il confratello devono fare anche i conti con una mutata realtà che vede molti allontanarsi dalla fede nella Chiesa per andare verso forme pseudo religiose quali i testimoni di Geova o altre sette ancora. Se non si è coerenti nella propria fede e non la si manifesta soprattutto senza paura a queste persone, come si potrà essere strumenti di conversione?
A questo proposito voglio fare un breve cenno alle nostre manifestazioni esterne; mi riferisco alle processioni.
Cosa è la processione? La processione è un corteo di fedeli che percorre un cammino dietro la croce, per testimoniare pubblicamente la propria fede. Ma se questa fede si ha la pretesa di manifestarla in maniera poco seria e poco credibile, e non voglio entrare comunque nel merito delle degenerazioni che tante volte vi sono anche durante le nostre processioni, che testimonianza si darà agli altri, soprattutto a quelli che credono poco o non credono affatto?
Quando invece la manifestazione esterna è preceduta da una adeguata preparazione, quale la partecipazione ad una efficace catechesi o ad azioni liturgiche con l’accostamento al sacramento dell’Eucarestia, allora la propria presenza ad una processione, può davvero diventare motivo agli altri di edificazione e conversione.
Tocca comunque sempre ai responsabili delle confraternite vigilare affinché quelle che da molti vengono chiamate tradizioni e che in realtà sono solo usanze, non prendano il sopravvento su quella che è invece la Tradizione della Chiesa.
Ma questo, cioè cosa sia la Tradizione della Chiesa, è un argomento così complesso che non tocca certo a me di esporre.
Tutto ciò presuppone un cammino continuo da svolgersi nell’ arco di un intero anno e a questo sono chiamati ad esprimersi in sinergia le Amministrazioni della Confraternita e l’ Assistente Ecclesiastico.
Essi devono essere il motore propulsore che deve trascinare gli iscritti e che, oltre a stimolarne la presenza alle varie occasioni di incontro in seno al sodalizio, devono sforzarsi di trasmettere ad essi l’ entusiasmo necessario per una presenza attiva nel sodalizio stesso.
Quanto fin qui detto sono i principi ai quali mi sono ispirato da quando sono Priore; aggiungo che nella mia Arciconfraternita il mio agire ispirato ad essi ha fatto sì che, per la prima volta, un priore fosse rieletto dopo il regolare primo triennio, ed infatti io sono ora al mio secondo mandato.
Ciò significa che dai miei confratelli questa impostazione viene condivisa ed accettata.
Devo dire però, per amore di verità, ed ora parlo da confratello, che prima di essere Priore, ero allineato su altre prassi comuni alla gran parte dei confratelli, del tipo:
a) Entrare in Chiesa e recarmi direttamente nella stanza dove vi sono le statue della Pietà e dell’ Addolorata, baypassando il vero padrone di casa che è Gesù Cristo.
b) Andare alle processioni, trascurando gli incontri di catechesi quaresimale.
c) Avere come obiettivo principale la cosiddetta “Bussola”, cioè il sorteggio per poter essere portatore delle Sacre Immagini.
d) Altri comportamenti che tralascio ma che, ripeto, sono molto comuni nel mondo confraternale.
Nulla di strano ciò che ho appena detto, ma quando il mio grande desiderio di diventare il Priore della Morte si è realizzato, ho ritenuto che l’ unico modo per poter ringraziare Colei che mi ha voluto alla guida della Sua Arciconfraternita, non avrebbe potuto essere altro che pormi in attento ascolto dei Suoi desideri.
Quando dico “della Sua Arciconfraternita” mi riferisco ovviamente alla Madonna, in quanto pur denominata “della Morte”, è tanto radicato il culto alla Vergine dei Dolori, che anni addietro il priore di questa confraternita era chiamato semplicemente, in dialetto, “u’ prior d’ la Medonn”, nonostante che a Molfetta vi siano altre sette confraternite dedicate alla Madonna (del Carmine, di Loreto, Assunta ecc.).
Per i molfettesi infatti, l’ Arciconfraternita della Morte è sempre stata identificata con la Madonna Addolorata.
Da qui la sinergia della mia azione con quella del Padre Spirituale che per l’ Arciconfraternita della Morte è stato un vero regalo del Padre Eterno, essendo un sacerdote che, pur anziano anagraficamente, è giovanissimo e vigorosissimo come temperamento, essendo sempre presente ed instancabile nel suo impegno pastorale; non so come avrei fatto il Priore a fianco di altri, ed anche di questo ringrazio la Madonna.
E’ importantissima quindi la piena simbiosi tra le due componenti Priore – Padre Spirituale, per il buon andamento della confraternita. La confraternita è infatti come quella famiglia in cui se i genitori sono assenti o peggio litigano sempre, i figli si sbandano, ma se vi sono presenza continua e intesa tra i due, i ragazzi crescono sotto un buon esempio e con sani principi.
Ritengo, a mio modesto parere, che solo marciando nella più rigorosa osservanza dei principi da me esposti, le nostre Confraternite possano arrivare ad affrontare le sfide non solo del terzo, ma anche del quarto millennio.
Altrimenti esse rimarranno scrigni vuoti destinati ad essere riempiti di cose inutili che, come sempre accade, si conservano ancora per un poco, ma alla prima occasione vengono gettate via.
Al mondo d’ oggi, nonostante tutti i suoi difetti (ed io oserei dire per fortuna), sono destinate a durare nel tempo solo le cose, anche semplici, ma che hanno un contenuto; le altre, pur esaltate al massimo dalle mode del momento, se banali o non credibili, sono destinate ad essere dimenticate.
Termino la testimonianza della mia esperienza di Priore e responsabile quindi di una confraternita che si proietta nel futuro, augurando alla Associazione “La Veste Rossa” della quale mi onoro di far parte, di centrare pienamente il suo obiettivo iniziale e primario che è quello di tutelare l’ integrità del significato religioso nelle tradizioni e nelle feste popolari, e non solo della Settimana Santa, che sono un po’ una componente oserei definire genetica delle genti del nostro Sud d’ Italia e, per quello che è di mia conoscenza, della Spagna.
Queste tradizioni devono assolutamente rimanere, sia nella organizzazione che nel tramandarle, nell’ originario contesto delle Confraternite o delle Associazioni di ispirazione cattolica, quindi sotto il diretto controllo della Autorità Religiosa.
Mai si cada perciò nella tentazione di affidarle alle varie Pro-Loco o ad Enti di Promozione Turistica che ne stravolgerebbero il fine che non può essere altro che dare gloria a Dio, attraverso la “festa” intesa in senso cristiano: diversamente significherebbe decretarne la fine.

.......................... Francesco Stanzione - Priore Arciconfraternita della Morte
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