Auditorium del Museo Diocesano di Molfetta
Molfetta, 15 febbraio 2019
INTERVENTO DELL'AUTORE
DOTT. FRANCESCO STANZIONE
A distanza di esattamente quattro anni dalla mia ultima pubblicazione “De
Passione Domini Nostri Jesu Christi secundum Melphictam”,
tenutasi in questa stessa sala il 21 febbraio 2015, oggi ne presento un’altra dal titolo “La grande processione del Sabato Santo”, portandola alla attenzione di tutti voi che
siete qui, amici, estimatori dei riti della Settimana Santa e delle tradizioni
molfettesi e, in particolare, confratelli della mia amatissima
Arciconfraternita della Morte.
Non posso esimermi, prima di proseguire, dall’esprimere
un affettuoso pensiero alla memoria di don Mimmo Amato, che questa sera sarebbe
stato sicuramente tra noi, e che quel 21 febbraio appena citato presentò il
volume, avendone scritta la prefazione; con ciò penso di aver interpretato i
sentimenti di tanti tra noi, questa sera, che lo hanno conosciuto, stimato e
gli hanno voluto bene.
Doverosamente vi ringrazio tutti per la partecipazione che vedo
abbastanza numerosa, ma permettetemi di salutare e ringraziare in primis, Mons.
Domenico Cornacchia, nostro Vescovo, per la sua presenza che oltre modo mi
onora.
Un particolare saluto lo rivolgo alla Amministrazione dell’Arciconfraternita della Morte, a don Ignazio
Pansini, Padre Spirituale del Sodalizio, a tutti gli amici amministratori delle
altre confraternite di Molfetta e al carissimo amico Antonello Papalia, Priore
dell’Arciconfraternita del Carmine di Taranto.
Ciò detto però, non posso non ringraziare anche gli altrettanto carissimi
amici Avv. Tommaso Poli (che ha fin qui moderato gli interventi), Gaetano
Armenio (titolare dell'azienda grafica “L'Immagine”),
che ha curato l'edizione del volume, Onofrio Sgherza (attuale Priore dell’'Arciconfraternita della Morte) che ne ha redatto
la presentazione ed in ultimo, ma non per ultimo, il prof. Gaetano Mongelli
(grande e competentissimo storico dell'arte) che avete potuto fin qui
apprezzare, e che mi ha grandemente gratificato con la sua eccellente prefazione.
Colgo l’'occasione per stigmatizzare
ancora una volta la grandissima amicizia e stima che a lui mi lega, nate negli
anni in cui sono stato Priore dell’Arciconfraternita
della Morte, e durante i quali ho più volte beneficiato dei suoi interventi
alle manifestazioni di carattere artistico culturale da me organizzate in quel
periodo.
Ed infine un affettuoso saluto lo rivolgo alla sig.ra Ave Peruzzi, figlia del cav. Giuseppe Peruzzi ispiratore della mia pubblicazione.
Ed infine un affettuoso saluto lo rivolgo alla sig.ra Ave Peruzzi, figlia del cav. Giuseppe Peruzzi ispiratore della mia pubblicazione.
Ma andiamo avanti.
Nei poco più di sei anni, dal 1° gennaio 2004 al 16 febbraio 2010,
durante i quali ho avuto il grandissimo onore di presiedere, in qualità di
Priore, con i carissimi e da sempre amici confratelli Giuseppe Modugno (I
Componente) ed Onofrio Sgherza (II Componente), l’Amministrazione della
Venerabile e plurisecolare Arciconfraternita di Santa Maria del Pianto vulgo
della Morte o dal Sacco Nero, fondata il 26 aprile 1613, ho spesso consultato
la vasta documentazione presente nell’Archivio, custodito in un apposito
armadio in legno, nella Segreteria dell’Oratorio Confraternale.
Successivamente, nel periodo di gestione commissariale di Mons. Ignazio
de Gioia (2010/11), questa è stata trasferita, per motivi di sicurezza, presso
l’Archivio Diocesano del Palazzo Vescovile di Molfetta.
Tale documentazione comprende, tra l’altro, la raccolta
completa di tutti i Registri dei Verbali di Assemblea dei Confratelli
dell’Arciconfraternita della Morte dal 1825 ad oggi, a testimonianza del senso
di responsabilità e della corretta gestione del bene comune da tramandare ai posteri,
da parte di tutti coloro che prima di me si sono avvicendati, nell’arco di
quattro secoli, alla guida del Sodalizio.
Cosa che non è invece avvenuta, purtroppo, presso altre
realtà in cui diversi amministratori del passato hanno pensato bene di sottrarre
alla comunità, portandoli a casa propria, i Registri dei Verbali di Assemblea
relativi alla loro gestione, privando in tal modo l’Istituzione amministrata
della possibilità di ricostruire al momento, per diversi periodi, la sua
storia.
La rettitudine e la lungimiranza dei miei predecessori, a
differenza di questi ultimi, mi rende ancora più orgoglioso di essere stato
Priore dell’Arciconfraternita della Morte.
Tra i vari incartamenti e registri di cui ho preso visione,
hanno attratto il mio interesse, sin dalla prima consultazione, due volumi
manoscritti di proprio pugno dal Cav. Giuseppe Peruzzi, Priore dal 1926 al
1930.
Trattasi di due volumi rilegati con copertina cartonata,
una di colore verde e l’altra marrone, entrambi dal titolo “La grande processione del Sabato Santo”; il primo (di una
cinquantina di pagine non numerate) parla della processione “dalla sua istituzione a data odierna, dal
17 novembre 1795 al 29 giugno 1957” e riporta la data del 29 giugno 1957,
mentre il secondo (di centoventisei pagine numerate) descrive “le sette statue che la compongono, la loro
origine dalla fondazione, le varie sostituzioni fino ai tempi nostri” e
porta da data del 28 maggio 1964.
Sia per l’importanza di quanto in essi descritto, che per
l’autorevolezza dell’autore, il Cav. Giuseppe Peruzzi, che per tutta la sua
esistenza è stato un punto di riferimento nell’ambito dell’Arciconfraternita
della Morte, ho ritenuto utile porgerli all’attenzione dei confratelli “in primis” e di tutti i miei
concittadini appassionati delle bellissime tradizioni della Settimana Santa
molfettese, realizzando la presente pubblicazione.
Di ogni pagina è riportata la foto, quasi simulando una
riproduzione anastatica e, lateralmente, nella parte superiore il testo in
carattere “Monotype Corsiva” per
meglio dare l’idea di leggere un manoscritto, rispettandone alla lettera
l’originalità, sia nella grammatica (ortografia, lessico e sintassi) che nella
punteggiatura; inferiormente vi sono invece le mie osservazioni ed integrazioni
a quanto scritto dal Peruzzi, sotto forma di “note”.
Chiunque avrà la bontà di leggerla, si renderà facilmente
conto di come la terminologia con la quale il Peruzzi si esprime e l’abbondante
uso delle virgole, rispecchino una maniera di scrivere attribuibile ad altri
tempi, ben diversa dall’attuale.
Anche la fedeltà della trascrizione serve comunque a
rendere una idea della personalità dell’Autore e del tempo in cui è vissuto,
per meglio inquadrare il contesto in cui è avvenuto quanto è stato riferito.
Traspaiono inoltre, dalla lettura di queste pagine, tutta
la grande dedizione che per una vita il Cav. Giuseppe Peruzzi ha avuto per
l’Arciconfraternita della Morte, il “senso
di appartenenza” alla stessa, il fraterno e sincero rapporto che egli aveva
con coloro con i quali condivideva l’esperienza confraternale, che in più parti
dello scritto definisce come “buoni ed
affezionati” e “buoni e veramente zelanti confratelli”, la sua grandissima
devozione alla Vergine Santissima Addolorata da lui appellata come “Gran Madre di Dio”, e l’amore per le tradizioni molfettesi della
Settimana Santa.
Tralasciando però, per un momento, la personalità del
Peruzzi, non mi sembra fuori posto o inutile considerare quanto “rispettabile” in tutti i sensi sia
stata, nei secoli, l’Arciconfraternita della Morte, sia dal punto di vista
sociale che del buon gusto, secondo quanto si evince dalla lettura del testo.
Si noterà innanzi tutto che, nei verbali di assemblea,
molti nominativi di confratelli sono preceduti dal titolo “Don” (“Notar” Don
Domenico Visaggio, Don Giovanni Antico, Don Pasquale Introna, Don Stefano
Salvemini, Don Salvatore de Gennaro, Don Stefano de Dato) a significarne una
certa posizione sociale.
Dall’analisi più approfondita di ognuno di questi nomi, si
nota che sono tutti attribuibili a confratelli che in quel momento, o in
passato o in seguito, hanno ricoperto la carica di Priore, a conferma che
l’Arciconfraternita della Morte, pur connotata come popolare, è sempre stata
comunque un Sodalizio di gente di tutto rispetto che nulla aveva da invidiare
ad altri similari, il cui requisito di appartenenza era, fino ad una quarantina
di anni or sono, la “civile condizione”.
Rimanendo nell’ambito dello scorso secolo XX, quando le
terne amministrative venivano scelte con turnazione triennale fra tre “Categorie” (agricoltori, artigiani e
professionisti), non si deve dimenticare che sono stati Priori della Morte
persone che, ognuno nel proprio ceto, ricoprivano posizioni di rilievo nella
città di Molfetta: tra gli artigiani Luigi Sallustio, Giacomo Ragno, Giuseppe
Tridente, Vito Andriani; tra gli agricoltori Saverio Marzocca, Saverio
Minervini, tanto per fare alcuni nomi, tra i più recenti.
Come poi non parlare di una certa raffinatezza nella scelta
degli artisti a cui commissionare i simulacri che, nel tempo, sono stati
portati in processione dall’Arciconfraternita della Morte, durante la Settimana
Santa?
Basti dire che il S. Giovanni del 1829 fu realizzato dal
grande Francesco Verzella, una delle maggiori espressioni dell’arte tardo barocca
dell’Italia Meridionale; che le statue della famosa “Maddalena inginocchiata” e della Maria Salomè del 1929 furono
affidate alla maestria di Ferdinando Demetz, omonimo e probabilmente erede di
uno tra i massimi esponenti dell’arte in legno della Valgardena, in cui ancora
oggi esistono laboratori d’arte appartenenti a suoi discendenti; e che dire poi
delle meravigliose statue che sembrano persone vive, realizzate dal nostro
illustre concittadino Giulio Cozzoli tra il 1907 e il 1956?
Addirittura il volto del Cristo all’incrocio dei due bracci
della grande croce nera che apre i due cortei processionali dell’Addolorata e
della Pietà, fu commissionato nel 1925 dal Priore Nicola Jannone al valente
pittore molfettese Liborio Romano.
Il sottoscritto, da sempre legato affettivamente
all’Arciconfraternita della Morte e a tutto ciò che a Molfetta avviene dal
Mercoledì delle Ceneri al Sabato Santo, si è talmente riconosciuto ed
identificato in questi scritti, da ispirare per sei anni la propria azione
amministrativa agli stessi sentimenti del Cav. Giuseppe Peruzzi, cercando di
educare i vecchi, e soprattutto i nuovi confratelli, a recuperare il “senso di appartenenza” al Sodalizio.
Per questo motivo ho voluto trascrivere i due manoscritti
ed offrirli alla lettura di quanti, condividendo e facendo propri i valori
tramandati sin dall’anno 1613 dalla Venerabile Arciconfraternita della Morte
dal Sacco Nero, si sentiranno stimolati a trasmetterli alle generazioni future,
nella loro integrità e valenza, umana e culturale.
A completamento dello scritto di Peruzzi, ho descritto la
processione del Sabato Santo così come si svolge attualmente, concludendo con
la cronaca di una delle pagine più belle scritte dall’Arciconfraternita della
Morte in 406 anni di storia: la sua parziale riproposizione nella Città Eterna,
con la sola statua della Pietà, in occasione del Giubileo della Misericordia,
il 22 maggio 2016 Ho voluto inoltre dedicare questa pubblicazione alla memoria del già citato valentissimo scultore Giulio Cozzoli, del quale il 15 febbraio di quest’anno, cioè oggi, ricorre il 62° anniversario della scomparsa, giorno che ho non casualmente scelto per la presentazione di questo volume, con l’intento dare un ulteriore contributo al ricordo di questo grande artista, autore dei mirabili sette simulacri che attualmente compongono la processione del Sabato Santo, senza i quali non sarebbe stata cosi “grande”.