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RICORDANDO DON MIMMO AMATO NEL 1° ANNIVERSARIO DELLA SUA SCOMPARSA


"L' Altra Molfetta" di ottobre 2016

Articolo del dott. Francesco Stanzione
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Mi accingo a scrivere queste righe a ricordo di don Mimmo Amato, dietro invito del carissimo amico Tommaso Poli al quale non potevo opporre il mio diniego, negli stessi istanti in cui la Madonna dei Martiri sta ritornando in Basilica, occasione nella quale Egli è stato sempre presente, come sacerdote fino al rientro in chiesa della Sacra Icona, e come estimatore dei fuochi d’artificio subito dopo, in compagnia di atavici amici pirovaghi.
Quella per i fuochi di artificio era infatti per don Mimmo una passione trasmessagli dallo zio materno, il mio indimenticabile amico Michele Cilardi, con cui ho condiviso invece quella per le marce funebri sin dai tempi in cui, da adolescente, frequentavo la Parrocchia di S. Gennaro, di fronte alla quale questi aveva un localetto nel quale allestiva annualmente un altarino stracolmo di lampadine multicolori, per la Madonna dei Martiri prima e per i Santi Medici subito dopo. Proprio grazie allo zio Michele ho conosciuto don Mimmo poco più che tredicenne.
In occasione del primo anniversario della sua scomparsa che ricorre il 4 ottobre, mi piace ricordarlo citando alcuni momenti vissuti insieme.
L’episodio più lontano nel tempo risale al 1976. Avevo ventun anni e Mimmo (allora sedicenne e non ancora don Mimmo), già confratello della Morte mi dava annualmente, tramite zio Michele, il “tagliando bussola” per partecipare al sorteggio in cui si designano i portatori dell’Addolorata e della Pietà. Quell’anno fui portatore di entrambe le statue e, per il Venerdì di Passione, fu estratto proprio il numero corrispondente alla domanda che avevo fatto con il “tagliando bussola” di don Mimmo. Come segno di riconoscenza gli concessi una “lena” sotto la statua dell’Addololorata, rimanendogli però accanto perché troppo giovane; se la cavò benissimo, a dimostrazione che la Madonna, prima che con le spalle, si porta con il cuore.
Nell’autunno del 2004 invece, per una incomprensione tra me ed il parroco, dovuta alla troppa vivacità di mio figlio in oratorio, dovendo questi iniziare il catechismo per la Prima Comunione, decisi di farglielo frequentare presso un’altra parrocchia.
Ricordo che casualmente andai presso la redazione di “Luce e Vita” di cui era direttore don Mimmo e che, sempre casualmente, gli raccontai di questa questione. Lui, che all’epoca era anche parroco della Madonna della Pace, si dichiarò disponibile a far frequentare il catechismo lì al ragazzo e quando gli dissi che era molto vivace, mi rispose: “Portalo da me, che io mi prendo anche i diavoli” … e così andò a finire.
Il 13 settembre 2010, nella Chiesa di S. Domenico in Taranto, in occasione dell’assegnazione del Premio di Bontà “Cuore di donna”, promosso dalla Confraternita della Addolorata, don Mimmo tenne una brillante ed appassionante relazione sul tema: “Maria e la donna nel pensiero di Mons. Tonino Bello”. Erano suoi accompagnatori due suoi amici, tra cui il sottoscritto.
Ritornando a Molfetta al termine della manifestazione, prima di uscire da Taranto, don Mimmo, che guidava la sua auto, non si accorse che stava percorrendo la corsia riservata agli autobus e fu fermato dalla Polizia Stradale che voleva multarlo. Don Mimmo disse che non se ne era accorto, ma i due poliziotti non intendevano ragione. Con la massima faccia di bronzo intervenni io invocando grazia, in nome del fatto che il conducente dell’auto fosse un sacerdote e che in quanto tale non poteva certo dire una bugia … insomma i due salutarono e ci mandarono via senza fare alcuna contravvenzione.
Don Mimmo, nonostante la sua grande levatura intellettuale, era una persona molto alla mano con tutti e non disdegnava la compagnia di alcuni amici di vecchia data anche in circostanze meno formali, come quando una sera della Quaresima 2012, venne con me, Maurizio Scardigno e Vito Bellifemine nuovamente a Taranto, per una cena presso il noto ristorante “Gesù Cristo” in compagnia di miei amici tarantini, confratelli ed amanti della Settimana Santa. Il “Gesù Cristo”, gestito dai fratelli Caso, non è solo un ristorante, ma un luogo in cui i confratelli dell’Addolorata e del Carmine di quella città si ritrovano, sentendosi a proprio agio per via delle pareti adorne di foto attinenti i riti della Settimana Santa tarantina, che ben si conciliano con interminabili discorsi sulle processioni e sui portatori delle sacre immagini.
Ad un certo punto della cena comparve una “troccola” che alcuni di noi vollero provare, compreso don Mimmo che dimostrò doti di “troccolante” fino ad allora sconosciute.
Una grande riconoscenza devo poi a don Mimmo per la sua dotta prefazione ai miei due volumi sulla Settimana Santa molfettese dal titolo “De Passione Domini Nostri Jesu Christi secundum Melphictam” e per il suo intervento durante la loro presentazione, la sera del 21 febbraio 2015, presso l’Auditorium del Museo Diocesano di Molfetta.
Nessuno, meglio di don Mimmo, sacerdote amante della Pietà Popolare e confratello delle Arciconfraternite della Morte e di Santo Stefano, avrebbe potuto presentare una pubblicazione di questo genere; don Mimmo accettò immediatamente e con piacere la mia proposta, pur oberato di impegni pastorali e curiali, essendo il Vicario generale della Diocesi e nell’estate 2014 si impegnò talmente nella lettura del testo da me fornitogli, da segnalarmi anche alcune imperfezioni che sarebbero sfuggite ai correttori di bozze più attenti.
Mi fermo qui perché potrei continuare a lungo, ma non posso sottrarre né spazio alla rivista, né iniziare ad annoiare il lettore, ma da quanto riferito ben si può comprendere quanto dolorosa per me sia stata, quel fatidico 27 settembre 2015, la improvvisa notizia del malore di don Mimmo ed il suo immediato ricovero presso il Policlinico di Bari, con il conseguente intervento e la permanenza fino alla morte in sala di rianimazione.
Non si contano le preghiere che ho indirizzato al Padre eterno sia prima che dopo il suo decesso.
Come spesso accade, purtroppo, le cose belle non durano molto e l’essere amici di don Mimmo era una di quelle cose belle; don Mimmo non è più tra noi, ma il suo ricordo rimarrà per sempre, proprio perché le cose belle non si dimenticano mai, e la sua foto, opportunamente incorniciata, è accanto a quella di mia madre sullo scaffale di una delle mie librerie.

                                    dott. Francesco Stanzione