Presentazione del volume
Auditorium del Museo Diocesano di Molfetta
Molfetta, 18 febbraio 2023
INTERVENTO DELL'AUTORE
DOTT. FRANCESCO STANZIONE
A distanza
di appena un anno dalla presentazione della mia ultima pubblicazione “Ipotesi per una paternità dei Misteri
della Venerabile Arciconfraternita di S. Stefano”, stasera ne ripropongo un’altra: “Sentinelle della Fede”, uno sguardo di insieme sulla realtà confraternale molfettese in questo inizio di terzo millennio.
Prima di
andare avanti, consentitemi però di ringraziare ovviamente quanti hanno avuto
la bontà di venire in questa sede ad onorarmi della loro presenza e gli amici
che mi stanno affiancando in questa occasione: Gaetano Armenio, che da sempre è
stato il mio editore, il dott. Angelo Disanto, che ci ha brillantemente
illustrato il percorso storico ed antropologico delle confraternite in generale
dalle origini ad oggi, e l’ing. Sergio de Ceglia che mi ha gratificato della sua
prefazione e che, tra quanti conosco, è il più vicino di tutti al mio modo di
concepire il mondo confraternale e i riti della Settimana Santa.
Veniamo
quindi a noi.
Diverse
sono state, fino ad oggi, le pubblicazioni di storia locale che si sono
occupate del mondo confraternale molfettese e si può ben dire che per ciascuna
Confraternita, nell’arco degli ultimi anni, almeno una monografia abbastanza
esauriente dal punto di vista storiografico sia stata realizzata.
Certamente
i sodalizi di cui maggiormente si è scritto sono quelli dei quali,
fortunatamente, è stato possibile reperire atti notarili, verbali di assemblea
e documenti vari che sono stati sottratti agli eventi storici ed alla incuria
di chi avrebbe dovuto custodirli; si parla pertanto delle tre Arciconfraternite
(SS. Sacramento, Morte e S. Stefano), ma anche per le Confraternite della
Immacolata e di S. Antonio molto materiale è ancora a disposizione degli
studiosi.
Tra le
prime pubblicazioni di questo genere si devono ricordare quelle di Mons. Luigi
de Palma, che nel 1984 ha dato alle stampe un suo studio su “La confraternita della Morte di Molfetta nei
secoli XVII-XVIII” e di Mons. Graziano Bellifemine, ma è doveroso
menzionare anche Pietro Angione, Gaetano del Rosso, Corrado Pappagallo, Corrado
Pisani e Gaetano Viesti. Ognuno di questi autori ha trattato però i singoli
Sodalizi molfettesi, descrivendoli soprattutto dal punto di vista storico ed
attingendo a fonti documentarie d’archivio.
Precedentemente
vi sono stati anche altri storici, studiosi ed appassionati di storia locale
che, nei loro scritti, hanno accennato alle Confraternite.
Partendo
dalla premessa, lungi dal volermi attribuire qualità non in mio possesso, di
appartenere alla terza categoria citata, cioè quella dei semplici appassionati
di storia locale, ho cercato di realizzare qualcosa che rappresentasse un
discorso unitario sul tema confraternale a Molfetta, ma che nel contempo focalizzasse
le singole realtà.
Certamente,
data la premessa appena fatta, non mi sono imbarcato in avventure storico
archivistiche in quanto quasi tutto quello che c’era da portare alla luce,
attraverso la consultazione dei documenti, altri (meglio di me) lo hanno già
fatto nel dettaglio; pertanto sarebbe stata una inutile ripetizione, giusto per
il gusto narcisistico di vedere la propria firma su una pubblicazione.
Poiché il
mio piacere di scrivere è motivato esclusivamente dal voler dare un personale
contributo al mantenimento della memoria e della identità delle tradizioni
della mia città, soprattutto di quelle legate alla sua storia religiosa, ho
pensato che sarebbe stato opportuno realizzare qualcosa in cui le Confraternite
di Molfetta fossero descritte in una maniera più organica ed inquadrandole
nell’ottica di ciò che rappresentano e sono nel momento attuale, cioè nel primo
ventennio di questo terzo millennio.
Di ognuna
di esse ho trattato, inizialmente e sinteticamente, della loro storia,
rifacendomi a quanto già scritto da altri, ma poi mi sono soffermato
soprattutto sull’aspetto devozionale, descrivendo le Sacre Immagini di Madonne
e Santi titolari dei vari sodalizi, gli abiti di rito, il culto, le pratiche
religiose e le processioni.
Quanto ho
scritto, ed in gran parte personalmente fotografato, è comunque il frutto della
esperienza di una vita trascorsa nelle Confraternite, per essere stato dall’età
di quattordici anni (1970) confratello dell’Arciconfraternita della Morte e poi
Priore della stessa (dal 1° gennaio 2004 al 16 febbraio 2010), confratello
dell’Arciconfraternita di S. Stefano dal 1978 e Priore della ormai estinta
Confraternita di S. Luigi nel 1985/88.
La mia “militanza” in questi Sodalizi non ha
però mai escluso il mio interesse per tutte le altre realtà confraternali, non
solo di Molfetta, soprattutto per il loro ruolo storico di autentiche “sentinelle della fede” che, in epoche
passate, ha rappresentato un vero e proprio baluardo contro le diffuse e
dilaganti eresie; ciò a dimostrazione del grande valore della fede più semplice
che si esprime attraverso la cosiddetta “pietà
popolare”.
Ho quindi
da sempre realizzato il mio essere cattolico solo ed esclusivamente nell’ambito
delle Confraternite; non mi sono mai trovato a mio agio in ambienti diversi
come la parrocchia o l’Azione Cattolica ... ma questo, lungi da qualsivoglia
altra considerazione, è un fatto di mera sensibilità personale.
Ho voluto
dedicare questa pubblicazione alla memoria di Mons. Domenico Amato,
prematuramente scomparso il 4 ottobre 2015, amico personale fin dalla
adolescenza, che mi ha onorato nel febbraio dello stesso anno, della sua “Prefazione” al mio precedente lavoro “De Passione Domini Nostri Jesu Christi
secundum Melphictam”.
Don Mimmo,
come nella Diocesi familiarmente lo si chiamava, a parte le sue grandissime e
da tutti riconosciute doti umane, culturali e pastorali, è sempre stato molto
legato al mondo confraternale.
Egli stesso
è stato un confratello, dell’Arciconfraternita della Morte prima e
successivamente delle Arciconfraternite di S. Stefano e del SS. Sacramento
(della quale al momento del suo decesso era anche Padre Spirituale).
Il mio
saluto vada quindi a Franca, sorella di don Mimmo, unitamente a suo marito, e
ai cari nipoti Francesco e Vincenzo Cappelluti.Spero, con questo
mio ultimo lavoro iniziato nel 2016, di essere riuscito a fornire al lettore
uno strumento che sia da guida attraverso l’affascinante mondo delle
Confraternite Laicali molfettesi e nel contempo riporti alla memoria quegli
aspetti di vita locale ormai soffocati dalla frenesia e dai ritmi odierni, che
molto spesso hanno l’effetto di estirpare le nostre radici da quel terreno che
a me piace chiamare “molfettesità”.
A
conclusione di quanto sin qui detto, devo però esternare tutta la mia preoccupazione
per gli effetti negativi che l’immediato periodo post Covid potrebbe
determinare a carico delle Confraternite.
Ci sono
infatti nubi all’orizzonte foriere di novità a loro carico, frutto
fondamentalmente di una errata interpretazione delle direttive in materia di
religiosità popolare, che ne potrebbero minare la loro esistenza così come
siamo stati abituati a concepirle fino ad ora.
Modi di
concepire l’associazionismo confraternale che non tengono conto sia della
vocazione che delle peculiarità e della tradizione delle singole realtà,
tendono infatti ad imporsi contro ogni legittima volontà dei Sodàli.
Certo è che
le nostre Confraternite hanno superato, nel corso della loro plurisecolare
esistenza, ogni sorta di difficoltà, materiale e spirituale, per cui non resta
che sperare in un ancora lungo e prosperoso futuro e, tanto per usare un gergo
popolare, augurare loro “che Dio gliela
mandi buona”.
Permettetemi
ancora qualche altra considerazione, approfittando del fatto che non essendo
questa una assemblea presieduta da altri, non corro il rischio che qualcuno mi
tolga di mano il microfono: sono infatti considerazioni un po’ scomode per
qualcuno.
É palese come ci siano ambienti che, pur avendo problemi interni di enorme
portata, e sottolineo di enorme portata, probabilmente per la necessità di stornare l’attenzione,
propria e del pubblico da essi, essendo incapaci di affrontarli e risolverli, e/o
per darsi una ragion d’essere, stanno mettendo in campo tutta una serie di
azioni per ridimensionare, al fine di sopprimerle definitivamente, pratiche di
devozione popolare e processioni. Siamo
in un certo senso nella fase in cui si sta tentando la cosiddetta spallata
finale.
Certe
iniziative, frutto soprattutto di mancanza di rispetto e considerazione verso
il popolo e totale ignoranza della storia e della antropologia, non tengono in
conto che la tanto fin qui nominata Pietà Popolare rappresenta il senso di
appartenenza e di identità delle nostre popolazioni, e che oggi come oggi, può
essere (anzi lo è già) fonte di promozione del territorio che viene sostenuta,
tutelata ed incoraggiata anche dalle nostre istituzioni governative, cittadine,
regionali e nazionali.
É ormai noto
come tante tradizioni popolari siano considerate beni immateriali che, come
tali, costituiscono nuove forme di ricchezza tanto da venirne riconosciuta la
tutela.
Si può forse disconoscere
o demonizzare il fatto che le nostre tradizioni, popolari o paesane che dir si
voglia, siano anche volano per il turismo e per la economia locale?
Si pensi a
quante famiglie vivono da tutto l’indotto delle feste religiose e patronali:
luminarie, bancarelle del settore alimentare e merceologico, bande musicali,
fuochi pirotecnici e tante altre attività.
Ciò che sconcerta è constatare che parecchie volte, a voler determinare certi deleteri cambiamenti o soppressione di prassi da secoli acquisite, sia una singola persona; non è accettabile che una singola persona possa cambiare quello che appartiene ad una intera comunità, secondo la sua unica volontà, non tenendo conto delle istanze emotive e consuetudinarie che le sono proprie e da sempre saldamente radicate.
Ma quello che
ancor più sconcerta è assistere alla passività con cui quasi sempre
vengono accettate, sarebbe meglio dire subite, certe situazioni, senza alcuno
scatto di dignità e di orgoglio, soprattutto da parte di chi è stato preposto
alla conduzione e tutela delle istituzioni.
Vorrei dire
ancora tante cose ma il senso della opportunità e la prudenza acquisite con l’età
mi consigliano di fermarmi qui.
Vi ringrazio
per l'ascolto.