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L'AVE MARIA ALLA MADONNA


"L' Altra Molfetta" di marzo 2017

Articolo del dott. Francesco Stanzione
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Non fa parte degli eventi legati alla Quaresima e alla Settimana Santa molfettese ma, solo perchè avviene ogni anno in questo periodo (salvo che la Pasqua non cada prima del 31 marzo), viene quasi da tutti associata alle tradizioni pasquali; così invece non è.
Si tratta dell’“Ave Maria alla Madonna”, una antica tradizione che si ripete puntualmente ogni anno a Molfetta nella notte tra il 30 ed il 31 marzo, la meno nota tra le usanze che ancora si tramandano in questa città.
Più esattamente sarebbe il caso di dire la meno seguita o, meglio ancora, quella che annovera meno testimoni oculari del suo svolgersi. 
Non ha luogo solo nel caso in cui quella notte debba uscire la processione dei Misteri dalla Chiesa di S. Stefano, quindi solo quando il 31 marzo è Venerdì Santo.
Tra i molfettesi di oggi non molti ne hanno sentito parlare, ancora meno sanno in cosa consista, pochissimi l’hanno vista durante la loro vita; in ogni caso le testimonianze scritte su di essa non si contano nemmeno sulle dita di una mano. Pur essendo un rituale religioso (e non un rito, perché non vi è nulla di codificato) l’“Ave Maria alla Madonna” sfugge non solo al controllo, ma anche alla conoscenza di gran parte del Clero locale.
Da quanto tempo esiste, di cosa si tratta, cosa avviene, chi vi partecipa? Sono questi gli interrogativi che ci si pone all’indomani, quando per caso si dice: “stanotte c’è stata l’Ave Maria alla Madonna”.
Circa la sua origine nulla assolutamente si conosce e si può solo ipotizzare che, similmente a quanto accaduto in alcuni comuni viciniori, sia l’eredità lasciata da qualche “Missione”, probabilmente francescana, a cavallo tra il XVIII ed il XIX secolo. Altre ipotesi possono farsi, ma nessuna può costituire una certezza perché non esistono documenti al riguardo.
Verso la mezzanotte un gruppo di donne si da convegno in un punto prestabilito (in genere nei pressi del piazzale della stazione ferroviaria) e di là, dopo aver raggiunto piazza Cappuccini, alcune di loro si dirigono verso la zona di levante, altre verso la zona di ponente della città.
Durante il tragitto gridano in dialetto, a caso, una di queste tre sole frasi: “Ci è devòete alla Médònne, ué re fèmmene!!!” (Chi è devoto alla Madonna, o donne!!!), oppure “Ci è ca ava sciàie o Calvàreie, ué re fèmmene!!!” (Chi deve andare al Calvario, donne!!!), oppure ancora “Ci è ca ava sciàie a dàisce l’Avémméràie alla Médònne, ué re fèmmene!!!” (Chi deve andare a dire l’Ave Maria alla Madonna, donne!!!).
Invitano, con questi richiami, altre donne ad andare al Calvario a recitare (dire) l’“Ave Maria alla Madonna”.
Anni addietro, separatamente dalle donne, c’erano anche uomini che isolatamente andavano per la strada agitando un campanello e gridando le stesse frasi; ma erano addetti solo alla “chiamata”. Tra questi c’erano due “personaggi” abbastanza noti in città: uno era Giovanni Rafanelli (detto “Gevénne de re d’òeve”) che vendeva appunto le uova in via Annunziata angolo piazza S. Michele, e l’altro Matteo De Candia (meglio conosciuto come “Métté”), storico confratello della Confraternita dell’Immacolata nella sua sfera religiosa, ma dalla incrollabile fede socialista nella sua parte laica.
I due gruppi di donne che a piazza Cappuccini si erano separati si riuniscono invece al “Calvario”, presso la villa comunale, dove preventivamente sono stati collocati ed accesi diversi “lumini”, e si preparano ad affrontare la nottata, sedute sui gradini, in attesa delle ore 4,00.
Molte di esse portano una coperta dalla casa, per poter meglio proteggersi dai rigori notturni del periodo e lì rimangono anche in caso di pioggia.
Fino ad allora recitano continuamente il Rosario e pronunziano preghiere non note a tutti, ma tra le quali vi sono sicuramente alcune di S. Alfonso Maria de’ Liguori.
Tra queste donne una soltanto fa da “animatrice” di tutto il rituale; questo ruolo si tramanda da una all’altra e cessa solo per impossibilità fisica dovuta alla età o per decesso della persona. Inoltre nulla di scritto viene distribuito alle partecipanti e tutto ciò che dalla “animatrice” viene letto è scritto, in gran parte a mano, su una specie di quadernetto, anch’esso tramandato da una all’altra.
Da quanto detto si intende chiaramente che la partecipazione è solo femminile; negli ultimi anni, purtroppo, a motivo del dilagare di fenomeni delinquenziali notturni a Molfetta, per maggior sicurezza molte signore si fanno accompagnare dai rispettivi mariti.
Quando giungono le ore 4.00, dopo essersi poco prima prostrate per terra o inginocchiate, rivolte verso la croce posta all’interno del Calvario, da qui partono e, costeggiando il perimetro della Villa Comunale, raggiungono processionalmente la Chiesa del Purgatorio dove, a turno, bussano al portone con il battente “per chiamare la Madonna Addolorata” e recitano altre preghiere.
Dal Purgatorio vanno poi alla Chiesa di S. Stefano e chiamano Cristo Morto, bussando anche lì al portone e recitando ancora preghiere.
In ultimo la “animatrice” del gruppo saluta tutti augurando ogni bene nel nome di Gesù e Maria. Poco dopo la compagnia si scioglie e ognuno fa ritorno a casa. Sono ormai abbondantemente le ore 4.30 del mattino e tra non molto la città si risveglierà, ignara che una più che esigua parte di essa ha vegliato e pregato per tutta la notte la Vergine dei Dolori.
È importante rimarcare che, diversamente dalle altre funzioni religiose ufficiali, relative o meno al periodo pasquale, la partecipazione all’evento appena descritto richiede un grandissimo spirito di sacrificio, sorretto da una altrettanto grandissima fede; proprio per questo tale “manifestazione” va rispettata e tutelata.
Anche se, come già detto, l’“Ave Maria alla Madonna” non fa parte degli eventi legati alla Settimana Santa, si è ritenuto darne cenno per due motivi: il primo perchè riguarda la Madonna, e particolarmente la Madonna con il titolo di Maria S.S. Addolorata; il secondo perché, non sapendo anno dopo anno (per lo sparuto numero di donne che vi partecipa) fino a che punto potrà svolgersi (si spera comunque che si perpetui nel tempo), è bene che da parte di chi ne ha avuto personale esperienza, avendovi (sia pure esternamente) partecipato parecchie volte, ne sia tramandata correttamente la memoria.

Testo e foto tratti da “De Passione Domini Nostri Jesu Christi secundum Melphictam”, Volume II, Editrice L’Immagine, Molfetta, febbraio 2015, a cura del dott. Francesco Stanzione.