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LA VITALITA' DELLA SETTIMANA SANTA MOLFETTESE


"L' Altra Molfetta" di marzo 2018

Articolo del dott. Francesco Stanzione
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Ancora una volta non ho potuto defilarmi dall'accettare l'invito del carissimo amico Tommaso Poli a dare un mio contributo allo "Speciale Settimana Santa", che annualmente l'Altra Molfetta regala ai suoi lettori.
Voglio quindi idealmente riprendere un po' il tema trattato lo scorso anno, quando ho affermato il concetto che negli ultimi decenni la Settimana Santa molfettese ha compiuto un notevole salto di qualità, sia nella organizzazione che nella sua vitalità.
É indubbio che la Settimana Santa rappresenti per Molfetta il momento più caratterizzante dell'anno, molto più della festa della Madonna dei Martiri, nonostante il risalto di quest'ultima per il legame con essa da parte dei molfettesi residenti e naturalizzatisi all'estero.
Tra quanti vivono nella nostra città 365 giorni all'anno, pur essendovene moltissimi legati alla festa patronale, la gran parte non rinuncerebbe a vivere invece, più o meno intensamente, i giorni che precedono la Pasqua.
Ho infatti detto più volte che a Molfetta il famoso proverbio "Natale con i tuoi e Pasqua con chi vuoi" è totalmente sovvertito, essendo invece il contrario: "Pasqua con i tuoi e Natale con chi vuoi".
Sono tantissimi i nostri concittadini che, fuori per motivi di lavoro o per aver cambiato residenza, dovendo scegliere di ritornare qui solo una volta all'anno, scelgono l'occasione delle festività pasquali piuttosto che quelle natalizie.
Ed è vero, se si pensa che addirittura ai tempi delle contestazioni studentesche della fine degli anni settanta del secolo scorso, tanti giovani che aderivano ad ideologie di ultra sinistra e marxiste, ufficialmente antagoniste al mondo cattolico, non facevano mancare assolutamente la loro presenza ai riti della Settimana Santa, nemmeno disdegnando la loro partecipazione agli stessi indossando l'abito confraternale; questo perchè l'imprinting ricevuto durante l'infanzia si manifestava indelebilmente in quei giorni, al pari di retaggi genetici che periodicamente ricompaiono ad ogni generazione.
I tempi sono certamente cambiati da allora (son passati quasi cinquant'anni) ma ancora oggi quel "quid" che è insito nel DNA dei molfettesi continua a riaffiorare, una volta all'anno, anche nei nostri giovani muniti di orecchini, piercing e capelli dalle fogge più assurde.
Basti considerare l'età media di quanti assistono all'uscita dei Misteri nelle ore del primo mattino del Venerdì Santo, per rendersi conto di ciò.
Si potrebbe anche osservare (come accade) che queste presenze siano dovute più alla voglia di passare una nottata diversa in compagnia, che effettivamente mosse da senso di partecipazione ad un evento così caratterizzante di quella che a me piace chiamare "molfettesità" ... ma attenzione.
Qualcuno pensa forse che questi ragazzi abbiano bisogno dell'uscita della processione dei Misteri alle quattro del mattino, come alibi per passare una nottata fuori casa? Se sì, evidentemente non sa che è ormai la norma per loro ritirarsi, quantomeno ogni sabato, quando è ormai trascorsa abbondantemente l'alba della domenica.
Che dire poi della partecipazione ai riti e alle processioni, in veste di confratelli? Su questo argomento si potrebbero tenere dibattiti per ore, o addirittura giorni interi.
Non sarà certamente sfuggito a nessuno, osservando dai bordi delle strade il passaggio dei sacri cortei, che l'età dei partecipanti è estremamente bassa, al contrario di quanto accadeva un tempo più o meno lontano (parliamo sempre di una cinquantina di anni fa). Le file dei confratelli erano costituite da pochi bambini o appena adolescenti, quasi tutti lì presenti per antica tradizione familiare, e poi da una lunga teoria di anziani, ove per anziani si intendano persone di età davvero molto avanzata.
Ora invece accade il contrario; dopo una abbastanza lunga fila di ragazzini seguono immediatamente confratelli che vanno da una età post adolescenziale a non più di una cinquantina di anni. Gli anziani in abito di rito si possono facilmente contare, e bisogna però considerare che, anche per questi, quella che un tempo si poteva considerare una età avanzata è rappresentata altresì da appena ultrasessantenni, come nel caso dello scrivente.
É quindi il caso di dire che vi è stato nel corso dell'ultimo mezzo secolo un grande avvicinamento, o se si preferisce riavvicinamento, ai riti della Settimana Santa.
Anche le Sacre Funzioni Quaresimali nelle chiese del Purgatorio e di S. Stefano vedono la partecipazione di un altissimo numero di giovanissimi, non riscontrabile in altre occasioni, comprese le Sante Messe domenicali durante il resto dell'anno.
Esulando dalle celebrazioni religiose, un discorso a parte, ma sostanzialmente analogo, lo si può fare per quanto riguarda la tutta molfettese passione per le Marce Funebri, anch'esse per lo più composte da nostri concittadini.
Non è mia intenzione, a questo punto, sfiorare ambiti che nel recente passato hanno dato adito ad un cosiddetto "molto parlare", ma è il caso di fare qualche doverosa considerazione sulle Bande Musicali che eseguono le Marce Funebri al seguito delle processioni, che da un paio d'anni sono diventate due: la "Santa Cecilia" e la "Peruzzi".
La banda un tempo era composta da elementi di una certa età come Angelo Inglese senior, meglio conosciuto come "Celicchie" (bombardino), Ciccillo Mazzola (flicorno tenore), Vincenzo Cifarelli (bombardino), "Taluccio" al secolo Natale De Virgilio (tamburo) o "Dnetucc u sgarzat" (sax soprano) che viveva in condizioni di grande indigenza e del quale nessuno ricorda il cognome.
Vediamo oggi ... Tranne qualche sporadico elemento, peraltro molto spesso professionisti forestieri, i componenti di entrambi i complessi musicali sono innanzi tutto di età molto giovane (i più anziani oscillano sugli "over quaranta") ma sono soprattutto molfettesi.
Ciò è indice di quanto i giovani siano legati alle nostre tradizioni musicali della Settimana Santa ... al punto da sottoporsi alla immane fatica di suonare a ben tre processioni della durata media di nove ore, ricevendo in cambio un compenso a dir poco ridicolo rispetto alla prestazione offerta.
Colgo infatti l'occasione per dire a chi non conosce i retroscena della Settimana Santa (cioè quello che della Settimana Santa non si sa e non si vede) che alla fine di ogni prestazione, una volta pagati i forestieri, ciò che rimane viene suddiviso in relazione a diversi fattori, per cui vi sono elementi che, pur avendo suonato per tante ore, non percepiscono nemmeno cinquanta euro ... comprendendo anche i cosiddetti "servizi a piè fermo" davanti alle chiese del Purgatorio e di S. Stefano e senza contare le tante serate in cui, durante la Quaresima, si fanno le "prove" delle marce funebri.
Solo per passione si possono fare grandi sacrifici in cambio di una piccola ricompensa. Voglio concludere questa mia breve disanima sullo stato di salute della Settimana Santa molfettese, auspicando che le nostre tradizioni continuino a non cristallizzarsi attorno ad una sola generazione, ma vengano quasi geneticamente trasmesse da una generazione all'altra, come accaduto sino ad ora, senza soluzione di continuità; un salto generazionale potrebbe essere fatale e decretarne la fine. 

                               dott. Francesco Stanzione - Settimana Santa 2018